LA SICILIA MUSULMANA - CRONACA DI UNA LENTA CONQUISTA MEDIEVALE

 Scritto da Giuditta Andrei






Se il Mediterraneo potesse parlare, ci racconterebbe le antiche memorie di coloro che lo hanno attraversato; memorie di viaggiatori, pellegrini, inventori, poeti, filosofi e abili conquistatori che hanno segnato l'intero corso della storia europea. Sicuramente il Mediterraneo ci parlerebbe della Sicilia.





La prosperità di quest'isola supera ogni descrizione. Basti dire che è la figlia della Spagna per l'estensione delle sue coltivazioni, la rigogliosità dei suoi raccolti e la sua prosperità, avendo un'abbondanza di prodotti vari e di frutti di ogni genere e specie. Con parole affascinanti Ibn Jubayr (1145-1217 d.C.), il noto viaggiatore Andaluso di ritorno dal suo pellegrinaggio alla Mecca, descrisse la Sicilia nel 1185 d.C.

Sono passati quasi 1200 anni da quando l'esercito musulmano sbarcò sulla costa meridionale della Sicilia. Da allora, le influenze che questa conquista ha introdotto nel territorio regionale sono state molteplici.

Possiamo affermare, innanzitutto, che nulla ha mai impedito a quest'isola di vivere storicamente l'intera storia del Mediterraneo nei suoi minimi dettagli. Numerosi popoli etnicamente e culturalmente variegati come i Fenici, i Cartaginesi, i Greci e i Romani, solo per citarne alcuni, hanno colonizzato, costruito, esaltato con le armi e lodato con le parole la Sicilia.

Ciò che ha unito più di tutti questi singoli popoli nel corso del tempo, è stata la posizione strategica che il Sud Italia ha assunto nel corso dei secoli come punto di incontro di filosofi, inventori, viaggiatori, poeti e conquistatori, consolidando in Sicilia, in particolare, una culla di convivenza multiculturale, una culla che ha contribuito al progresso dell'intera Europa.


L'AVANZATA VERSO L'OCCIDENTE


Sebbene la Sicilia abbia assorbito le influenze culturali, linguistiche e architettoniche di ogni singola conquista che ha attraversato, l'influenza araba ha lasciato un'impronta più profonda delle altre, percepibile ancora oggi. Prima di arrivare a comprendere le dinamiche che hanno favorito l'avanzata arabo-musulmana in Sicilia, dobbiamo innanzitutto considerare il contesto storico che attraversava il Nord Africa poco prima della conquista.

Dopo la morte del profeta islamico Maometto (570-632 d.C.) a Medina, la successione delle conquiste islamiche delle terre circostanti iniziò il suo corso vittorioso per tutto il VII e l'VIII secolo. I musulmani ottennero enormi successi conquistando gran parte del territorio intorno al bacino del Mediterraneo e all'Asia centrale, spingendosi a ovest fino alla Spagna e al Portogallo e a est fino alla valle del fiume Indo. Gli eserciti musulmani iniziarono la loro invasione dalle province dell'Iraq e della Siria, prima di spostarsi verso est nell'altopiano iranico e verso ovest in Egitto.

In sostanza, l'estensione dei possedimenti musulmani conquistati in Nord Africa seguì l'antica divisione amministrativa romana da Est a Ovest:

  • Il Misr (il nome arabo romanizzato dell'Egitto).
  • La provincia di Ifriqiya (situata tra la Tunisia e la Libia, quella che i Romani chiamavano Africa Proconsularis)
  • Magrib al-Aqsa (letteralmente "L'Occidente più lontano", l'attuale Marocco)
  • Al-Andalus (o Spagna Islamica)

Secondo le cronache storiche riportate dagli autori arabi, l'immagine ereditata della Sicilia bizantina prima dell'invasione araba era caratterizzata dalla presenza di residenze private imperiali ed ecclesiastiche (Latifundia); un'isola in cui le chiese cristiane avevano sostituito i luoghi sacri e gli antichi santuari pagani, un'isola le cui città, scarsamente abitate e demograficamente in declino, conservavano elementi architettonici classici.

Prima che la presenza araba diventasse almeno predominante nell'Italia meridionale, vi furono diversi attacchi e ripetute incursioni sulle coste della Sicilia e della Sardegna. Secondo gli Annales Regni Francorum, un'opera che descrive le azioni dei re Franchi dal 741 all'829 d.C., le acque della Sicilia erano considerate piuttosto pericolose e vulnerabile agli assalti esterni. A questo proposito, è stato registrato che sessanta monaci greci furono catturati dai Mori di Al-Andalus sull'isola di Pantelleria, un'isola situata nel Canale di Sicilia, utilizzata dal governo bizantino come luogo di esilio.


Una veduta dall'isola di Pantelleria



QUANDO ARRIVARONO GLI ARABI



Una lenta conquista fu quella della Sicilia da parte degli arabi.                                          Secondo le fonti storiche, a iniziare la conquista islamica dell'isola furono gli Aghlabidi, una dinastia musulmana autonoma all'interno del potente califfato abbaside di Baghdad, che governava Ifriqiya.


L'emirato degli Aghlabidi iniziò nell'800 e terminò nel 909 d.C.




Molti storici concordano sul fatto che a spianare la strada a questa invasione fu un comandante siciliano di nome Eufemio, un patrizio di fede cristiana ostile alla flotta bizantina. Egli, con l'obiettivo di rendere la Sicilia indipendente da Bisanzio, si rivolse all'emiro Aghlabide di Qayrawan, allora capitale dell'emirato, Ziyadat Allah I (788-838 d.C.) per realizzare uno sbarco in Sicilia.
A metà giugno dell'anno 827 d.C., l'esercito musulmano, composto da 10.000 fanti e da una flotta di 70 navi, lasciò Sousse su ordine dell'emiro. L'esercito musulmano guidato da Asab Ibn al-Furat (759-828 d.C.), noto giurista dalle spiccate doti militari, nominato nell'818 d.C. Qadi di Qayrawan, raggiunse la costa meridionale della Sicilia e sbarcò, forse per la facilità del collegamento marittimo con l'Ifriqiya, a Mazara del Vallo.


Il centro storico di Mazara del Vallo



Una volta lì, il percorso delle truppe proseguì probabilmente seguendo l'antica strada romana attraverso il Val di Noto, e si diressero verso la città di Siracusa con l'intenzione di assediarla. Tuttavia, Siracusa fu accolta da una pronta reazione difensiva dei suoi abitanti e da una flotta di navi alleate giunte in aiuto da Costantinopoli e Venezia.

Secondo le cronache, i musulmani incendiarono le navi avversarie e riuscirono a insediarsi in una fortezza presso Mineo, una cittadina in provincia di Catania, da dove intrapresero le successive spedizioni contro Agrigento ed Enna (l'odierna Castrogiovanni).
Il momento decisivo che diede una svolta allo stallo generale della guerriglia, fu l'arrivo di un'ulteriore flotta di navi da Al-Andalus, già fortemente presente in Sicilia nei primi anni della conquista, che venne a sostenere l'esercito Aghlabide. Nell'830 d.C., con l'aggiunta delle forze andaluse, le truppe avanzarono verso Palermo, organizzando assalti via terra e via mare, e la città riuscì comunque a resistere alla pressione araba per un altro anno.            Così l'autorevole storico arabo Ibn al-Athir (1160-1233 d.C.) racconta l'assedio di Palermo:


I musulmani andarono allora contro la città di Palermo e la assediarono. Il principe (sahib) chiese allora la salvezza per sé, per il suo popolo e per i suoi beni e, avendola ottenuta, partì per mare verso la terra dei rum. I musulmani entrarono in città nel mese di Ragab dell'anno 216 (agosto-settembre 831 d.C.) e vi trovarono solo tremila uomini, mentre erano stati settantamila durante l'assedio e tutti erano morti. Tra i musulmani dell'Ifriqiya e quelli di Al-Andalus si verificarono dissidi e dispute, ma in seguito si accordarono e rimasero tali fino all'anno 219 (16 gennaio 834 - gennaio 835 d.C.).


Tra l'831 e l'834 d.C. Palermo fu ufficialmente nominata dai nuovi conquistatori capitale politica della Sicilia. Fin dall'inizio gli arabi introdussero una nuova moneta con l'iscrizione al-Madina (nome ufficiale di Palermo, cioè "La città") Siqiliyya o Madina Balarm.

La dominazione araba continuò ad espandersi, inizialmente concentrandosi su facili incursioni nei territori circostanti, fino a diffondersi a macchia d'olio in tutta l'isola. Tra l'836 e l'849 d.C. Messina, Modica, Lentini e Ragusa caddero sotto il giogo musulmano, mentre i principali avamposti di Taormina, Catania e Siracusa mantennero, ancora per poco, la loro appartenenza bizantina. La presenza di arabi e berberi si consolidò in modo più significativo nel Val di Mazara, a Girgenti e nel Val di Noto, dove i territori erano ormai soggetti al pagamento di tasse da parte degli emiri (jizya).



UNA CONVIVENZA MULTIETNICA



Dalle fonti storiche e dall'odierna mappatura genetica, sappiamo che le sponde del Mediterraneo che si estendono tra la Sicilia, l'Italia meridionale e i Balcani meridionali sono state a lungo teatro di processi migratori, di intensi scambi commerciali e della conseguente eterogeneità etnica e culturale fin dai tempi più remoti. Detto questo, come era strutturata la società sotto la dominazione araba? E come gli arabi hanno influenzato la Sicilia? 

Per quanto si possa pensare che la convivialità e la tolleranza tra credenti cristiani e musulmani fossero un'utopia lontana, in realtà la Sicilia sotto la dominazione araba fu proprio il luogo di incontro tra le due fedi.

La Sicilia sotto il dominio Aghlabide aveva una popolazione più che eterogenea sia in termini di religione che di etnia: vi vivevano cristiani, ebrei e musulmani, arabi, berberi, greci, lombardi, persiani e africani. La società siciliana godeva di una notevole tolleranza religiosa; i cristiani, in generale, costituivano la maggioranza sull'isola e la popolazione nel suo complesso poteva essere suddivisa in quattro categorie:
  • Quelli che rimanevano più o meno indipendenti dal punto di vista religioso
  • Quelli che pagavano il tributo
  • I vassalli
  • Gli schiavi
Le persone di fede cristiana che vivevano nelle aree direttamente amministrate dai musulmani venivano chiamate Dhimmis e godevano di obblighi e privilegi che valevano anche per gli altri territori soggetti alla legge islamica dell'epoca. I musulmani garantivano ai fedeli cristiani la sicurezza sulle loro proprietà individuali e proteggevano la loro libertà di culto, ma non potevano in alcun modo giudicare l'Islam e il suo Profeta.

Gli schiavi cristiani erano divisi in tre categorie: quelli che erano stati fatti prigionieri a seguito di guerre, quelli che erano stati venduti e i contadini braccianti; questi ultimi accettavano prontamente di convertirsi all'Islam nella speranza di migliorare il loro trattamento e il loro status sociale. Le controversie personali tra due gruppi di cristiani erano soggette alla loro legge, ma se un soggetto di entrambi era musulmano, la legge islamica veniva applicata come risoluzione finale.



RIVOLUZIONE VERDE



L'impatto della dominazione araba nella Sicilia medievale non fu limitato nella sua influenza, poiché diffuse la sua identità su larga scala, a partire innanzitutto dal campo governativo e amministrativo. La salata tassazione precedentemente imposta dai Bizantini fu modificata secondo nuovi criteri. I dipartimenti governativi islamici istituirono gli organi municipali come quelli del Nord Africa, ovvero jama'ah, un gruppo di persone per lo più di famiglie nobili, giuristi e cittadini facoltosi che contribuivano economicamente ai servizi della comunità, finanziando la costruzione o il miglioramento di acquedotti, pozzi, moschee o aiutando i viaggiatori indigenti. 

Ma più di altri, i settori che videro ampi miglioramenti e radicali trasformazioni furono quello agricolo-idraulico, l'industria mineraria e il commercio. Come era già avvenuto nella contemporanea Al-Andalus, anche nella Sicilia medievale si verificò una vera e propria "Rivoluzione verde", cioè il processo che vide sia l'introduzione di nuove tecniche agricole attraverso l'uso di nuove tecnologie, sia la coltivazione di nuove colture.

Gli arabi, innovatori nel campo dell'agricoltura, introdussero sofisticati sistemi di irrigazione, convogliando l'acqua dei fiumi e delle sorgenti in nuovi canali e ruote idrauliche costruite appositamente per attraversare intere campagne e irrigare i campi coltivati. Gli innovativi metodi di irrigazione ereditati dalla civiltà persiana, introdotti in Sicilia, rivoluzionarono l'intero settore agricolo e urbano.

Fiorì un'agricoltura veramente diversificata che comprendeva riso, cotone, lino, arance, limoni e altri agrumi in abbondanza. Gli arabi introdussero in Europa anche la coltivazione della canna da zucchero, del gelso, del baco da seta, della pianta del papiro che veniva utilizzata per produrre rotoli di carta di alta qualità per uso amministrativo, oltre a datteri, pistacchi, olive, viti, banane, pesche, mandorle e melograni. Qui si riunivano i mercanti provenienti dall'Africa, dall'Oriente e dalle città cristiane vicine.

A quell'epoca, come in ogni città islamica in cui abbondano i mercati, si potevano incontrare per strada mercanti di farina, cambiavalute, venditori di spezie, vasai, panettieri, profumieri, conciatori e falegnami. Altre merci che caratterizzarono questo commercio diversificato furono l'importazione di aloe vera, piante per usi medicinali, ambra, henné per colorare, kohl, perle, olio di rosa, saponi, profumi, ma anche tessuti sia grezzi che fini. In questo periodo, il commercio tra l'Egitto e le principali coste dell'Italia meridionale come Napoli e Amalfi, fu più intenso che mai; il mercato internazionale conobbe un'enorme ascesa e la ricchezza e la prosperità si diffusero inarrestabilmente.

Un altro fattore di arricchimento favorito dall'occupazione araba fu l'industria mineraria, in gran parte concentrata nei giacimenti della regione etnea. In questi giacimenti si estraevano oro e argento, metalli fondamentali per l'economia monetaria bimetallica e per le decorazioni architettoniche, ma si estraevano anche mercurio, piombo, solfuro, alluminio e sale d'ammonio.


PROGRESSO URBANO E INTELLETTUALE



Secondo le fonti storiche, l'antica Sicilia musulmana vantava più di 300 fortezze sull'isola e diversi punti strategici fortificati come rifugi di emergenza per gli abitanti del villaggio in caso di guerra. Palermo, la capitale, aveva una popolazione di 300.000 abitanti ed era una delle città più fortificate. Circondata da un muro e da una trincea, l'intera città era divisa in cinque sezioni o quartieri (harat):

  • La sezione elitè: una di queste chiamata qasr (fortezza) dal latino Castrum, situata nella vecchia Palermo, fiancheggiata da torri, dove vivevano i mercanti e i nobili della città.
  • Un altro quartiere storico era la khalisa, l'area dove l'emiro e i suoi servitori avevano le loro residenze, gli uffici pubblici, le prigioni e gli arsenali.
  • Il quartiere più densamente popolato, ampio ma non fortificato, era harat as-Saqaliba, o quartiere slavo.
  •  Le altre due sezioni della città erano harat al-jadida (il nuovo quartiere), che ospitava vari mestieri ed era abitato da soldati, commercianti di grano, sarte e fabbri.
  • Poi c'era il quartiere principale delle moschee e i quartieri più piccoli, come quello ebraico.
Un'iscrizione coranica su una colonna esterna della Cattedrale di Palermo risalente alla dominazione Arabo-Normanna della Sicilia



Sotto la dominazione musulmana l'espressione di alcune moschee come scuole fu una fiorente realtà di apprendimento e letteraria anche in Sicilia. Durante la nota Età d'Oro dell'Islam, le moschee non erano solo un luogo dove i fedeli si rivolgevano a Dio con le loro preghiere, ma molto spesso anche centri di studio. Spesso accanto alle moschee si trovavano le madrase, veri e propri centri di apprendimento, dove, oltre al Corano e alle scienze religiose come il fiqh (la giurisprudenza), gli hadith (le tradizioni profetiche) e la qira'at (la recitazione del Corano), venivano insegnate le scienze naturali, le materie grammaticali e intellettuali. Le lezioni si svolgevano solitamente in un cortile e consistevano principalmente nella memorizzazione di libri di testo; le lezioni erano gratuite, così come il vitto, l'alloggio e l'assistenza medica.
Lo stesso Ibn Awqal (943-988), noto geografo e viaggiatore musulmano, nella sua opera Libro delle rotte e dei regni afferma che: "Palermo aveva un gran numero di moschee mai trovate in nessun'altra città islamica", come ad esempio nelle contemporanee Cordova e Granada.

Nel corso della storia arabo-islamica, molti Califfi ed Emiri si distinsero come mecenati della letteratura e delle scienze, finanziando la traduzione e la catalogazione di antichi manoscritti e circondandosi a corte di medici, scrittori, interpreti e poeti. 
Nel corso dei secoli XII e XIII d.C. la Sicilia poteva essere definita seconda rispetto ai centri intellettuali esistenti nella Penisola Iberica; certamente non eguagliò mai l'Andalusia in termini di quantità di testi tradotti, ma di certo diede il suo contributo come polo educativo, influenzando gradualmente il pensiero europeo stagnante.

La Sicilia si distinse da tutta l'Europa latina per gli scambi intellettuali, la trasmissione delle idee e il plurilinguismo latino-greco-arabo. Nell'Alto Medioevo, l'Italia meridionale svolse un ruolo fondamentale nel gettare le basi su cui sarebbero stati costruiti i successivi progressi accademici, stimolando un fervente interesse per la scienza, la letteratura e le arti.
Intorno all'anno 1000 si affermò un'importante scuola poetica araba, che per quasi tre secoli ha lasciato tracce di una ricca produzione di manoscritti provenienti dall'Andalusia e dal Nord Africa, dimostrando un profondo intreccio di culture ed espressività.

L'espressione poetica in Sicilia, sia durante la presenza musulmana che successivamente alla graduale conquista da parte dei Normanni, fu una componente molto popolare che trattò vari temi tipici come il panegirico dedicato ai potenti delle corti, l'elegia funebre, il tema amoroso spesso ricorrente, l'attaccamento e la nostalgia della patria, riferita soprattutto ai paesi dell'Oriente, del Nord Africa e delle località siciliane, che i musulmani abbandonarono progressivamente.


La Chiesa di San Giovanni degli Eremiti a Palermo con la tipica architettura di ispirazione arabo-islamica. Commissionata dal re normanno Ruggero II (1132)



Ibn Hamdis (1065-1133 d.C.), un poeta arabo nato a Noto, andò in esilio prima a Siviglia, poi in Marocco e in Tunisia e infine a Maiorca, dove morì. Temi ricorrenti come il rimpianto e la struggente nostalgia per la terra abbandonata sono affrontati nelle sue poesie, come cita un estratto della poesia Ricordo della Sicilia:

Ricordo la Sicilia, e il dolore ne agita il ricordo nella mia anima.
Un luogo di follie giovanili ora deserto, un tempo animato
dal fiore di nobili ingegni.
Sono stato bandito da un paradiso, come posso darne notizia?
Se non fosse l'amarezza delle lacrime, le crederei
i fiumi di quel paradiso.
O Dio, tieni una casa a Noto, e fai scorrere su di lei
le nuvole gonfie!
Ogni ora le immagino nei miei pensieri, e verso per lei
gocce di lacrime che scorrono.
Con anelito filiale desidero la mia patria, verso la quale mi attraggono
le dimore delle sue belle donne.
E colui che ha lasciato il suo cuore come vestigia di una dimora, a questo
anela in cuor suo a ritornare.



Quando Palermo cadde definitivamente nel 1072 d.C. e Noto fu l'ultima roccaforte musulmana a capitolare nel 1089, sebbene la presenza araba iniziò lentamente a cessare anno dopo anno, un certo periodo di splendore continuò a pervadere la corte normanna, un periodo in cui etnie, lingue, religioni continuarono a convivere come cosmopoliti, segnando e nobilitando ancora una volta la storia della Sicilia.


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