ANTIKYTHERA - LA FULGIDA ISOLA DELL’EGEO
Scritto da Giuditta Andrei
Antikythera o Kythera, in greco Ἀντικύθηρα, è un’isola che giace sulle sponde del mar Egeo tra Creta e il Peloponneso.
Con una superficie di appena 20 km quadrati ed appena 3000 abitanti, Antikythera è meglio conosciuta per la sua ricca flora, la sua bellezza selvaggia e le sue acque cristalline.
Il suo paesaggio è tipico di una piccola isola mediterranea; ha un’aperta campagna, bassi arbusti e colline, ripide scogliere calcaree e antichi sentieri che ne attraversano l’ intera superficie.
La città portuale principale è Potamos, un villaggio ampio e verdeggiante che si trova sul lato nord dell’isola. Benché rappresenti il fulcro commerciale dell’isola stessa, mantiene un aspetto assai tradizionale e pittoresco. Da Potamos scorre una rete di strade asfaltate che collega i piccoli villaggi locali, le infrastrutture e un eliporto.
Oggi, la vita ad Antikythera pur godendo di tutti i comfort moderni come impianti elettrici ed idraulici, scorre lentamente. Ed è sopratutto per il suo ritmo pacato che i turisti e gli stessi abitanti greci la scelgono come meta ideale per allontanarsi del frenetico chiasso cittadino.
Antikythera è la fusione tra mare e terra, unione tra storia e mitologia, un compromesso di sinestesia tra il suono delle onde e la fulgidezza del sole Mediterraneo.
La storia di Khythera attraversa gli annali del tempo e dell’esistenza.
Le prove archeologiche suggeriscono che il più antico insediamento sull'isola venne fondato tra il 4000 e il 3000 a.C.
Pur essendo da sempre un crocevia chiave di culture mediterranee e luogo prescelto per pirati, coloni e asceti, è attestato che una delle prime colonie su Khythera fu fondata già prima del XX secolo a.C. dai Minoici, nei pressi di Kastri, attuale Palaiopolis, con Skandia come porto.
I primi comprovati abitanti di Khythera però furono i Fenici, un popolo di commercianti che si stabilì sull’isola costruendo antichi laboratori chiamati “porfireia” coinvolti specificatamente nella produzione di murex, ovvero la porpora, un pigmento rosso usato per colorare gli abiti. In questo periodo l’antica Khytera era anche conosciuta per questo come Porphyris o Porphyrousa. Secondo lo storico greco Erodoto, quando i Fenici si stabilirono sull’isola portarono con sé il culto di una nuova dea, forse Afrodite.
Dopo che i micenei ebbero dominato l’isola nel XIV secolo a.C., arrivò l’occupazione da parte degli Spartani e degli Ateniesi durante le guerre del Peloponneso (431-404 a.C.). Si attesta che entrambi si spartirono l’isola: gli Spartani si stabilirono a nord, mentre i Cretesi si stabilirono a sud. In quest’epoca classica, l’isola di Khythera diede, fra tutti, i natali al poeta Senodamo, al celebre eulogo Filosseno, al matematico e astronomo Eratostene e allo scultore Ermogene.
Una fonte storica classica che cita Khythera è Plutarco, quando, nelle sue Vite Parallele narra della sconfitta del re di Sparta Cleomene III (260-219 a.C.) da parte di Antigono III re di Macedonia, nella battaglia di Sellasia nel 222 a.C. Plutarco scrive che Cleomene III, una volta sconfitto, raggiunse Citera e poi Egilia – a sud di Atene – prima di andare in esilio in Egitto:
Quanto a Cleomene, salpò da Citera per Aegialia, un'altra isola, e vi fece scalo. Mentre stava per passare di là a Cirene, uno dei suoi amici, di nome Tericione, un uomo che portava grande spirito nella condotta degli affari ed era sempre un po' altezzoso nel parlare e magniloquente, venne da lui in privato e gli disse: «La morte più nobile, o re, la morte in battaglia, noi l'abbiamo allontanata.
(Cleomene, capitolo 31 sezione 1)
Khythera è anche il luogo dove, come riportato da Esiodo nella sua Teogonia, nacque la mitica Afrodite, dea della bellezza, dell’amore e del desiderio. La dea aveva molti epiteti ed era conosciuta anche come Cytherea (Signora di Citera) o Cypris (Signora di Cipro), infatti secondo un’alternativa corrente di pensiero, sarebbe stata l’isola di Cipro a darle i natali.
Le prove storiche, pur essendo limitate, attestano la presenza di pirati Cretesi, Arabi e Normanni durante lo stesso arco di tempo, infatti Khythera era un’isola facilmente vulnerabile alle incursioni piratesche. La mancanza di testimonianze storiche più approfondite potrebbe essere attribuita alla posizione geografica in sé dell’isola e al ruolo che assunse essenzialmente come zona di passaggio.
Essendo priva di un buon porto e nota per la sua aridità, lo sfruttamento dei territori di Khythera per sostenere un’economia agricola era considerato impraticabile; in effetti l’unica sua importanza risiedeva nella sua posizione strategica di controllo all’Egeo.
In antichità, la navigazione marittima, che si trattasse per scopi puramente commerciali o di altra natura, comportava molti rischi sia per l’equipaggio che per il carico. Diversi fattori come il maltempo, i naufragi o la pirateria, hanno contribuito a nascondere sui fondali del mare molti manufatti che aiuterebbero meglio a ricostruire il quadro storico di un’antica realtà come Khythera.
I mari di quest’area, notoriamente molto mossi, sono stati vitali protagonisti di gran parte delle navi che hanno solcato le acque nel corso dei millenni. E’ risaputo che il fenomeno dei naufragi da parte di navi mercantili nel bacino Egeo-Mediterraneo, si concentrò largamente tra il I e II secolo; ciò ha permesso di identificare e datare migliaia di relitti rinvenuti a diverse profondità.
Uno di questi avvenne durante le campagne romane, o poco prima, quando il carico di una nave che trasportava sculture in pietra e bronzo, anfore e altri manufatti, naufragò al largo della costa nord-orientale dell’isola. Episodio noto come il “Naufragio di Anticitera” la cui scoperta dei resti avvenne nel 1900.
Secondo le fonti più diffuse, un altro riferimento ufficiale a Kythera, risale al 530 a.C. durante l’epoca Bizantina, dove l’isola viene menzionata tra le regioni sotto autorità di Costantinopoli. Allora, la capitale bizantina di Khytera era Agios Dimitrios (odierna Paleochora). Questo periodo storico caratterizzato da un forte elemento religioso cristiano, è avvertibile in parte della Grecia dalla presenza di almeno 300 monumenti e chiese cristiane.
Una fra queste è la chiesa di Agiod Ioannis (San Giovanni), una delle sette chiese di Potamos risalente all’inizio del VI secolo, dove si trovano dei frammenti del pavimento a mosaico di origine paleocristiana.
Per molti anni successivi all’anno 1000, l’isola rimase deserta e tornò a ricoprire la scena tempo dopo con la famiglia di origine greche più influente dell’epoca, gli Evdemonogiannis di Monemvasia. Questa, fece costruire l’insediamento di Agios Dimitrios a Paleochora, che si narra avesse 365 chiese, una per ogni giorno dell’anno.
In occasione della quarta crociata (1202-1204) indetta da Papa Innocenzo III, l’isola funse da avamposto strategico. Nello stesso periodo, la potente Repubblica di Venezia capeggiata dalla famiglia Venieri, conquistò e governò l’isola di Khytera e altre regioni della Grecia per gli anni a seguire. Mediante il matrimonio tra Nicola Evdemonogiannis, il signore feudale veneziano di Creta, e la figlia del signore veneziano Marco Venier, Khythera cadde a tutti gli effetti sotto la sovranità della Serenissima.
L’imbarco per Citera di Jean-AntoineWatteau
Attorno il XVI secolo la dominazione ottomana si espanse e Khythera cadde nella contesa territoriale tra Turchi e Veneziani. Nel 1537 il giannizzero Hayreddin Barbarossa (1478-1546 d.C.), un dei più temibili corsari e ammiragli ottomani del Mediterraneo, distrusse e saccheggiò Paleochora, uno dei principali castelli difensivi, massacrando i suoi abitanti. Nel 1540 i Turchi presero il controllo di Monemvasia, una delle fortezze medievali più inespugnabili, e spinsero molti dei suoi abitanti a stabilirsi a Khythera. Tornata nuovamente in mano Veneziana, negli ultimi anni del dominio, la popolazione di Khythera passò da quasi 4000 a 7500 abitanti, rimanendo sotto il dominio Veneziano fino alla caduta della repubblica nel 1797.
IL
TESORO DI KHYTHERA
Immaginare il mare antico che circonda il nostro globo terrestre ci induce, spesso, ad abbandonare il tradizionale filo accademico prestabilito degli eventi della storia per innovare le nostre credenze e supposizioni; specialmente quando dalle sue acque riemergono inesplorate realtà.
Possiamo solo immaginare, effettivamente, quante imbarcazioni a rami e a vela di diversi tipi e dimensioni si siano incrociate tra loro e abbiano solcato in lungo e in largo il mar Mediterraneo. Le sue coste, che si estendono per 46.000 chilometri e tre continenti, sono costellate da migliaia di isole e isolette e i viaggi, rischiosi o meno, brevi o lunghi, avvenivano. Ciò implicava per un marinaio saper tracciare una rotta, conoscere le correnti marine, i flussi della marea, le condizioni climatiche e i suoi pericoli.
Senza dubbio, uno dei ritrovamenti per cui Khythera è indubbiamente conosciuta è il “meccanismo di Antikythera”, un antico e sofisticato dispositivo a ingranaggi inizialmente custodito in un contenitore di legno delle dimensioni di una scatola di scarpe nel relitto di una nave risalente a 2000 anni fa.
Il meccanismo di Antikythera è ora ospitato nel Museo Archeologico Nazionale di Atene.
Il meccanismo, rinvenuto da una coppia di sommozzatori nel 1901 al largo del Mar Egeo, è fatto di bronzo. E’ ora suddiviso in 82 frammenti di cui solo un terzo sopravvive e comprende 30 ruote dentate. Dopo oculati interventi di pulizia che hanno richiesto molti anni, la TAC a raggi X effettuata sul reperto, ha rilevato iscrizioni che descrivono i movimenti del Sole, della Luna e di tutti e cinque i pianeti conosciuti nell'antichità e come venivano visualizzati nell’insieme come un antico cosmo. Le iscrizioni incise specificano periodi planetari complessi che combinano i cicli dell'astronomia babilonese, la matematica dell'Accademia di Platone e le ben note teorie astronomiche dell'antica Grecia.
Vortici, incursioni, saccheggi, naufragi, scoperte, ma anche prosperità e desolazione, questo è Antikythera.
Conoscevi la sua storia?
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